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ECONOMIA E DINTORNI
Monza e il PGT
Case al posto del verde? E' antieconomico.
di Giacomo Correale Santacroce


Una volta c'era un detto sull'andamento dell'economia: “Quand le bâtiment va, tout va”, quando va l'edilizia, tutto va.
Oggi non è più così. Sono altri i settori trainanti: ad esempio i servizi, in particolare quelli legati alle ICT (Information and Communication Technologies), o attività industriali avanzate. E magari gli interventi pubblici a tutela dell'ambiente in cui questi nuovi settori possano meglio svilupparsi.
Inoltre, così come nel corso del tempo si è capito che l'”industria delle ciminiere” creava delle diseconomie esterne intollerabili in termini di inquinamento dell'ambiente (che nel lungo termine sopravanzavano i vantaggi economici e occupazionali di un nuovo insediamento industriale), così oggi, con le aree verdi disponibili che vanno scomparendo intorno e dentro le città, l'attività edilizia su terreno vergine tende a diventare sempre più diseconomica nel lungo termine e nell'interesse generale. E per di più, destabilizzante del sistema economico a causa delle bolle speculative che la caratterizzano.
Questa nuova realtà è particolarmente rilevante per quanto riguarda le attività dei comuni che influiscono sull'economia locale.
E' opinione corrente che la politica economica non sia materia delle amministrazioni locali, bensì competenza dello stato nazionale (materia, competenza: che parole obsolete!).
In realtà, la politica economica si realizza in gran parte in sede regionale o locale: ad esempio, oltre il 60% degli investimenti pubblici è fatto dalle amministrazioni periferiche.
Certo, il fatto di compiere atti di rilevanza economica non comporta che si abbia una politica economica. Asfaltar no es gubernar. Anzi, interventi compiuti al di fuori di una politica economica consapevole e deliberata possono distruggere valore, anziché crearlo.
Le competenze comunali in materia direttamente economica sono scarse. L'unico settore produttivo su cui l'attività comunale può avere un impatto molto forte è proprio quello delle costruzioni. Per questo, è possibile che un amministratore comunale possa pensare di far bene incentivando questa attività, che nella sua ottica può apparire benefica in termini di “occupazione”, e quindi meritevole di “investimenti”.
In realtà, è ormai evidente come una politica così orientata possa avere effetti distruttivi sull'economia di un comune o di una provincia.
Per questo è necessario che gli amministratori locali acquisiscano una visione complessiva dei possibili scenari economici del territorio da essi amministrato, per decidere poi che tipo di visione futura della città intendono favorire o combattere.
Mi sembra che la nuova legislazione sui Piani di governo del territorio (PGT) faciliti questo cambiamento, in quanto obbliga le amministrazioni locali a una visione più organica, e meno fisica, del territorio, e a ragionare “per parametri” (ad esempio, quello del rapporto tra aree libere, aree occupate e aree effettivamente edificate; o quello tra le diverse attività economiche). Purtroppo, però, per lo più i comuni non dispongono di osservatori socioeconomici adeguati e aggiornati.
Nel caso particolare di Monza, molti dati fondamentali risalgono ad alcuni anni fa. Ad esempio, dalla relazione al PGT (p. 38) risulta che nel 1998 (cioè, ben otto anni fa!) il 51% del territorio comunale era “occupato”, da cui si deduce che il 49% non lo era. Ma di questo 49%, soltanto il 9% era rimasto a verde agricolo. Quindi il 40% del “non occupato” aveva subito nel tempo altre destinazioni, come verde pubblico, strade eccetera. Quanto al 51% “occupato”, solo il 14% era “costruito”. Il 37% restante era evidentemente costituito da spazi dedicati a verde privato, passaggi interni per pedoni e auto, eccetera.
E' facile supporre che dal 1998 ad oggi il territorio occupato e le aree costruite siano aumentate.
Ora, la domanda è: quale futuro economico è auspicabile per la nostra città? Credo che essa abbia la possibilità e l'interesse a sviluppare attività produttive ad alto contenuto tecnologico, a proseguire nella sua evoluzione da città “delle ciminiere” a città di servizi avanzati. Per fare questo, dovrà coltivare e attrarre una cittadinanza istruita ed esigente, che vorrà vivere in un ambiente che consenta una buona qualità della vita e del lavoro.
Siccome la crescita di Monza in questa direzione dovrà essere una crescita qualitativa e non quantitativa (gli attuali 120 mila abitanti non dovrebbero aumentare più di tanto), se ne deduce che l'attività edilizia dovrà ridursi sul piano quantitativo ed essere impegnata anch'essa sulla qualità (recupero delle aree dismesse, ristrutturazioni, bassi consumi energetici) e non sulla quantità. Le aree libere e non costruite dovrebbero essere rese sempre più intoccabili.
A questo scopo l'adozione del PGT si rivela fondamentale, ma anche la sua gestione futura. In particolare sarà necessario preservare non solo il verde di cintura, ma anche quello delle aree occupate ma non edificate (in parole povere: gli spazi liberi, per lo più a verde, che circondano ville, villette, condomini, cascinali), che attualmente sembra soggetto a una forte erosione (mi piacerebbe essere smentito da dati precisi e attuali).
E per quanto riguarda in particolare le aree dismesse, non sarebbe male che esse violassero il karma secondo cui il rapporto tra verde e cemento è irreversibilmente destinato a diminuire: che cioè prevedessero un ritorno al verde di aree in precedenza edificate.

Giacomo Correale Santacroce


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  28 ottobre 2006